giovedì 4 febbraio 2016

La lezione del Bambù

By, Helin
Non si sa quasi mai di avere torto. Ma ancor meno si sa a cosa serva avere ragione.

Un consapevole ed efficace far nulla, questo è il più grande dei consigli da assimilare e dunque ripetere e ancora preservare e quindi reiterare al di sopra di ogni possibile, possibile.

Che si fa un gran parlare del concetto di resilienza, ma senza avventurarsi negli incerti terreni della scienza, che vanno a contendersi nuovi termini o certi altri antichi e poi rinnovati con l’ausilio di enciclopedie digitali, la lezione più semplice da capire è quella del bambù, capace di flettere le sue canne fino a terra, senza minare la sua integrità, capace di resistere a qualsivoglia intemperie senza che questa contamini la sua struttura.



Quell’acciaio vegetale, fortezza basilare di culture millenarie, esempio virtuoso di come la forza non necessiti di ostentazione alcuna, conscia di essere tale proprio perché reale.
Che ci si può affannare grottescamente verso la spasmodica ricerca di un’immagine di sé che rifletta l’idea dell’io e che possa sparpagliarsi verso uno, qualcuno o tutti, con il facile risultato che non semplifica ciò che è già scontato, ovvero l’esser travisati, fraintesi o calpestati.

E di sofferenze anteriori, di drammi interiori, di rimpianti a posteriori, l’animo non sa più che farsene, se non sussurrare piano, confidando di non ripetere invano, che la sua unicità, sta proprio nella diversità che egli sa di possedere e che nessuna comoda e pavida omologazione potrà smettere di far splendere, sul serio. 



EtienneKuntz

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