martedì 15 aprile 2014

La terra tra le mani

By, Gianni Berengo Gardin

Dopo lo sgretolarsi dei castelli edificati con la foga del sogno e senza la capacità del reale
Quando il sapore di cenere ha riempito ogni anfratto, dalle narici che non riconoscono altro odore se non quello del bruciato degli imperi caduti, alla bocca, incapace neppure di digrignare i denti, tanto si sono consumati per l'amarezza. 

Laddove anche i colori più prepotenti si piegano alla monocromia dell'opacità delle tinte stinte, quando anche la parola fine non ricorda più il suo inizio. 

In quel luogo di non ritorno, dimentico di ogni partenza accade un qualcosa. 


Accade che la tempesta è talmente perfetta da non destare la benché minima forma di stupore, accade che anche i colpi di scena orditi con maestria da abili sceneggiatori, scombussolano quel niente che basta ad annoiare la rotta.

L'amore è sbiadito come il colletto di una camicia troppo indossata,
L'odio un cavaliere errante che non ha più nessuna missione da tradire.

E i sentimenti, di ogni forma e colore, si disperdono senza consistenza, nel fumo di una sigaretta che non ha più voglia d'esser fumata e che brucia a fatica, senza riuscire neppure a spegnersi.

E anche i venti improvvisi regalano solo stanche bonacce e non bastano stelle lucenti a sedurre la navigazione della notte.

E i giorni si sommano passivi, con la stessa consistenza della sabbia che scivola via tra le mani, lasciando appena la sensazione di un'ombra sporca.

Etienne Kuntz

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