By, Gianni Berengo Gardin |
Storie di richiami antichi, racconti di
echi sommersi che narrano di quanto il solo sfiorare racconti il
tutto che già c'era, che urla per esserci, che smania affinché vi
sarà.
Il salto tra violento tormento e
potente fermento, non scompone i profili che si congiungono in un
incastro fuori dal tempo, che annienta i “troppo” e schernisce
gli “abbastanza”.
Della sublime disarmonia dell'elegante
funzionamento della macchina complessa dell'io, di una mente che
corre forsennata, di un cuore che non viene creduto, di un corpo che
sposa rigidità.
E poi, gli stessi, invertiti, con un
corpo che si scioglie, una mente che razionalizza, un cuore che
irradia.
E ancora, a sovvertire l'ordine, il
cuore che esulta, la mente che non attende, il corpo che protesta.
Tutto così, ad afferrare l'indefinito
dell'allineamento, in corsa costante, in distonica sintonia.
Con i proclami delle verità risapute
che non temono il logorio.
Con i proclami delle verità risapute
pronte a schivare le insidie dei sempre, le sicurezze dei mai.
Nessuna sospensione spaventa quando gli
occhi hanno già la forma immortale del tutto.
Perfetti, nel loro squilibrio.
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